1) Come possono essere classificati i bisogni in base al loro grado di necessita?
2) In una situazione di risorse e spazi ambientali limitati a quali bisogni dare priorità? E' possibile immaginare un'economia equa e sostenibile senza programmazione?
3) Quali bisogni possono essere soddisfatti tramite il fai da te e gli scambi di vicinato?
4) Quali bisogni debbono essere affidati all'economia pubblica?
5) Quali bisogni possono essere soddisfatti tramite il mercato?
Affrontare una definizione dei bisogni il più possibile condivisa ci porta in un intrigo senza uscita.
Certamente è possibile individuare bisogni ritenuti fondamentali in modo piuttosto condiviso: non considerando i bisogni che si posso soddisfare a costo zero, respirare, dormire e perché no, riprodursi, l’uomo, per sopravvivere e ben – vivere, necessita di cibo, acqua, un’abitazione, abiti per coprirsi dal freddo, e tutto ciò che lo fa stare in buona salute. La soddisfazione di tali necessità è premessa per porre l’uomo in grado di affrontare con consapevolezza la sua esistenza.
Dunque, potendo soddisfare senza eccessivi affanni quei bisogni fondamentali, l’uomo dedicherà il suo tempo libero alla consapevolezza del suo essere a cominciare dal bisogno di conoscenza e di comunicazione. E’ evidente che l’uomo desidera esprimere i propri saperi e conoscere quelli degli altri.
A di la’ dei suddetti bisogni fondamentali (cibo, casa, salute), il discorso si sposta verso la sfera della soggettività che sara’ utile anche per differenziare i bisogni autentici da quelli indotti e ancora, quelli collettivi da quelli individuali.
Più problematico è individuare i criteri per definire i modi di soddisfazione di tali bisogni (settori del fai da te, dell’economia pubblica e del mercato): anche se riuscissimo ad assegnare in modo definito i diversi bisogni ai tre settori che compongono l’economia, un ruolo importante nella soddisfazione dei bisogni spetta alle individualità di ciascuno: a nostro avviso le competenze operative hanno un peso determinante nel fai da te, devono essere valorizzate ad ogni livello e vengono avanti ai mezzi tecnici di produzione. I gusti personali anche su beni di primaria esigenza non si possono soddisfare con forniture pubbliche uguali per tutti; convinzioni morali individuali guidano in ogni caso le scelte di un numero sempre crescente di consumatori e, quando sono improntate alla giustizia, devono trovare considerazione ovunque si guardi ad un altro mondo possibile.
In questa situazione di incertezza, cosa proporre dunque di oggettivo in contrapposizione alla soggettività dei bisogni?
Potremmo fare riferimento ad un documento di elevato riconoscimento come la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, ma il suo ampio e articolato contenuto in confronto alla modestia delle risorse dello Stato sociale, ci costringerebbe di nuovo ad operare una classifica di priorità. E se non riteniamo possibile neppure definire criteri oggettivi per indicare quali beni e servizi sia meglio affidare al fai da te piuttosto che al mercato o allo Stato, allora insistiamo ad indicare linee d'azione semplici e comprensibili che possono essere assunte dai singoli e dalla collettività in direzione dell'equità e della sobrietà nell'economia in cambiamento.
Pensiamo alla già proposta linea d'azione delle quattro R: “ridurre”, ossia badare all’essenziale, “recuperare”, ossia riutilizzare lo stesso oggetto finché è servibile e riciclare tutto ciò che può essere rigenerato, “riparare”, ossia non gettare gli oggetti al primo danno; ma alla base di tutto ciò c’è un quarto imperativo: “rispettare” (“Guida al consumo critico” a cura del C.N.M.S., IV edizione, p. 18; i quattro imperativi su cui poggia la sobrietà sono stati ben sviluppati nei dieci consigli di comportamento che occupano le due paginette del capitolo 7 de “L’altra via”).
Dopo di che pungoleremo perchè gli esempi virtuosi si propaghino attraverso l'informazione, le relazioni concrete, con forme di promozione e attrazione di progetti sulla sostenibilità, cercando condizioni di sicurezza psicologica (reddito di cittadinanza), eccetera. In altri termini dobbiamo catturare la voglia dell’individuo (che avremo svincolato dalla costrizione dei bisogni fondamentali) di comunicare i suoi saperi e di apprendere quelli degli altri con proposte stimolanti evitando posizioni che si prestino ad essere facilmente etichettate con parole quali fanatismo, proselitismo, catastrofismo, …, e prendendo le distanze da equivoci richiami aggreganti (ad es. il populismo della Lega). La via dobbiamo cercarla tra i maestri della Nonviolenza e pensiamo in particolare all’omnicrazia di Capitini ed ai COS da lui progettati.
Questo processo di ricostruzione della dignita’ delle persone attraverso le relazioni concrete (al posto dei comportamenti personali astratti, indotti dai media con il beneplacito dei poteri forti economico-politici) a tutti i livelli di comunita’ (quartiere …. mondo), viene appunto indicato da R.Mancini come “movimento della dignità” (Idee eretiche, Altreconomia).
Solo con l’avvio di tali processi di liberazione ispirati ai metodi della nonviolenza potremo analizzare la struttura dei bisogni per utilizzarla nella programmazione economica.